andante - alex majoli

Più che una mostra un percorso. Più che un percorso un viaggio.

Andante, appunto.

Questa “installazione” è intrisa dell’atto del muoversi. La strada percorsa da Alex è tanta, tante sono le cose viste. Mano a mano che la strada scorre sotto ai piedi, dai primi scatti giovanili di ragazzi in skateboard alle ultime foto di profughi in arrivo dal mare in cerca di una speranza, il mondo e la realtà si rivelano nella loro drammaticità e ultima insignificanza. Non ordinatamente, ma tutto insieme. Il vecchio e il nuovo non hanno significato, tutto è dentro al nostro essere e riemerge, capito e compiuto, anche dopo molti anni. I drammi si ripetono, le storie si accumulano, una dopo l’altra, ognuna diversa e in fondo uguale.

Gli interessi dei potenti, la miseria degli oppressi. Potrebbe essere una chiave di lettura, ma è superficiale.

C’è molto di più in questo insieme di immagini. Cosa siamo? Dove andiamo? Dove va la società?

Anzi.

Dove va l’uomo? Dove vado io?

Andante

Andante (anche in senso di “trasandato”) in mezzo ad ingranaggi non mutabili, con solo la mia storia, la mia rabbia, il mio o i miei amori (?), la mia (vana?) speranza, con le cose che sono quello che sono.

Amici, sconosciuti, familiari, oggetti che raccontano storie.

Azioni. Situazioni.

E si scende, mentre si sale da un piano all’altro del MAR.

Si scende dentro se stessi. In profondità.

Se venite qui per guardare delle “belle foto” statevene a casa. Qui si fa sul serio.

“Per i temi e i soggetti trattati si consiglia la visone del piano terra (solo il piano terra Alex??) ad un pubblico consapevole e adulto”.

Si, si tratta di lasciarsi colpire a fondo.

Chi non è disponibile a questo confronto onesto, non è abbastanza adulto e consapevole. Meglio se va a fare altro. (Certo questo non potevi scriverlo all’ingresso, altrimenti pochi sarebbero entrati, però apprezzo lo sforzo e la tua sottile e fantastica ironia).

Le didascalie sono sempre piccole e lontane, genialmente riportanti uno schizzo della foto, per orientarsi. Si comincia dalla prima foto, grande, evidente… Una signora mi chiede: dov’è la spiegazione? in che posto è scattata? ah, si grazie non avevo visto il cartellino… Eh ma perché l’ha messo lì che non si vede?

Già.

Magari l’ha fatto apposta.

Luogo, data, due parole di “spiegazione” se proprio è indispensabile. Alle volte neanche. Basta.

A che serve sapere di più?

Potrebbe essere un luogo o un altro nel mondo, l’indicazione serve solo ad aumentare l’impatto dentro se stessi, a riportare alla mente eventi noti.

Ma forse non è così importante.

Si incontrano la morte, l’amore, la fierezza, la miseria, la forza delle convinzioni necessarie a ciascuno di noi per attraversare una realtà ostile. Ci chiede Alex: ti basta questo per vivere? Se lo chiede, forse.

Se non dichiaratamente, le immagini però parlano forte.

Non c’è una vera risposta. E’ una domanda a chi guarda.

“Ed ecco, o signori, come parla la verità! Siete contenti?”

Tu che guardi, si proprio tu… ti bastano le risposte che ti dai?

Perché da tutto questo non si scappa.

Prima o poi.

E forse qualcosa c’è.

Il vento ci porta via, inesorabile, come oggetti su un tavolo, qualcuno sparecchia poi la nostra vita per fare posto ad altro.

In un momento qualcosa accade, non possiamo vederlo, qualcosa che fa sfidare il vento, che fa girare le teste…. Mermaids, sirene, forse…

Siamo al terzo piano.

Signori si va in scena!

Salto interpretativo, salto psicologico.

Tutto questo, tutto quello visto, tutto quanto raccolto, raccontato, vissuto, l’amore, la morte, i potenti, i poveri, i lottatori, i perdenti, i vincenti in fondo sono solo (??) pezzi di un grande teatro dove ciascuno fa la sua parte.

Anche il fotografo.

Esageratamente, dichiaratamente.

Fin troppo.

Le luci flash del set sulla vita fissano momenti.

Luci rivelatrici di una inesorabile finzione comune.

Luci rivelatrici.

Luci in fondo “buone”, quasi l’occhio di un dio che non riesce ad essere troppo distante.

Nonostante tutto.

Un po’ commosso e un po’ divertito.

In fondo alla sala del terzo piano un uomo vestito di stracci ti guarda e sembra chiederti: tu dove sei?

Che speranza hai?

Tu…

Grazie Alex. C’è necessità che qualcuno ce lo ricordi.

Che ci chieda le ragioni delle nostre vite e delle nostre azioni.

“… è proprio del genio sentire più acutamente ciò che tutti sentono ed esprimerlo come nessuno sarebbe in grado di fare. (L. Giussani)”.

Autore: Michele C.
Fotografia di: Emanuele B.

Approfondimenti: Alex Majoli – MAR Ravenna

It’s a journey more than an exhibition.

Indeed ‘Andante’.

This installation is all around the act of moving. Alex has lived through a lot, has seen a lot. He manages to capture the very essence of the world and drama of reality, from his first shots of skateboarders to the very last images taken of refugees on boats seeking for help and for hope.

Interest of the rulers of the world, instead the misery of the poor: this could be a way to interpret Majoli work. Perhaps too superficial.

There is more to these collection that meets the eyes. Who are we? Where are going? Where is society heading?

There is more.

Where is humanity going? Where am I going?

Ongoing. Moving. ‘Andante’.

The more you take in this exhibition, the more you make it yours, the more you start wondering.

This exhibition is for thick-skinned people. Majoli photo collection really is shaking the very essence of his viewers.

Along the exhibit viewers will notice that tags and description are small, distant, just a couple of words. Nothing more.

Death, love, pride, misery this is hanging on the walls of MAR.

Alex is asking his viewers – Is this enough to live? Is this enough for me to live? Is what we have enough to survive? Are we fulfilled? Are we complete? Is this it?

We might be good at neglecting these questions, but once seen the exhibitions, this dramatic selection, we can no longer hide, we are exposed with our wounds and heart. Yes, the wind might change, life will carry on and this all will fade away. Something else will come along to fill the gap, to ‘overwrite’ this restlessness.

Last section of the exhibition. Quick change of landscape, rapid twist of events.

All is staged, it’s a behind-the-scene. Lights, camera,action! Everything is fake, is sleek, all puppets in the eyes of Majoli. His experienced eye is that one to a tender Presence that is looking at his flock.

Alex has asked his viewers – Who are you? Where are you? What is your hope?

Thank you Alex. We all need someone that can re-awake these questions, that can interrogate us around our actions and the ultimate meaning of life.

“…the genius’ essence is indeed that one of someone the can finely hear what everyone else can hear, and that can express it like no one else. (L. Giussani)”.

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